Educare oggi è il compito più difficile. I tempi cambiano, i sistemi di comunicazione hanno un’influenza particolarissima da tenere sotto controllo. I ragazzi, già da piccoli sono educati attraverso i mezzi di comunicazione, e i genitori e gli insegnanti possono fare poco di fronte all’invadenza devastante dei mass-media che, in questo tempo di pandemia, si sono affermati con prepotenza nelle nostre vite.
Non sto dicendo che tutto è negativo, ma che è necessario riflettere sul ruolo imperante che i mass-media occupano oggi .
Spesso vediamo bambini con lo smartphone o altri apparecchi simili in mano,
e sento dai genitori la stessa dichiarazione: sono giochi educativi didattici! Ma a tre anni non è didattico far passare ai bambini ore davanti a questi piccoli schermi.
Lavoro a scuola e mi ritrovo spesso a dover capire il mondo dei giochi virtuali che occupa uno spazio davvero rilevante nella vita dei miei alunni.
Molti ragazzi utilizzano giochi on line, uno di quelli più diffusi è Clash Royale: un gioco di guerra con le carte in cui si gioca contro giocatori che s’incontrano in rete.
Il gioco parte da livelli base e ognuno deve cercare di sconfiggere l’altro con un sistema di attacco-difesa basato su delle carte. Fin qui sembra essere tutto ok (a parte che i ragazzi mi dichiarano con innocenza che è un gioco che porta ad innervosirsi facilmente e ad imprecare per scaricare la tensione!).
Nel gioco è prevista la possibilità di creare dei clan, anche aperti a tutta la rete, in cui si può dire tutto quello che si vuole – e questo comincia ad essere pericolosissimo, perché un ragazzino già all’età di 11 anni non sa assolutamente con chi si sta relazionando – inconsapevole delle intenzioni dell’altro e di fronte a tutti. Non esistono filtri né censure, motivo per cui scattano spesso pesanti insulti all’interno del gioco.
Su YouTube, cliccando sul nome del gioco “Clash Royale” si trovano tanti giovani imprecare quasi come fosse normale o da spacconi!
Ci sono tantissimi giochi di guerra, come ad esempio GTA, gioco violento che riporta nell’involucro della confezione l’età di 18+, ma che in realtà è accessibile a tutti perchè se un bambino vuole acquistarlo, si reca in uno dei negozi di videogiochi e lo prende senza alcun divieto. L’espressione GTA sta per “Grand Theft Auto” diffusa negli Stati Uniti per indicare il furto di veicoli: per guadagnare soldi e farsi una reputazione all’interno della città in cui si svolge il gioco, il giocatore si rende protagonista di conflitti con criminali e gang rivali ed è prevista anche l’uccisione dei rivali, sfuggendo al controllo della Polizia.
Tutto questo avviene sotto gli occhi incoscienti dei genitori, credendo che i loro figli stiano semplicemente giocando.
Allora cosa fare? Innanzitutto consiglio di attenzionare i giochi, informarsi e conoscere la classificazione dei videogiochi. “Il Pan European Game Information (PEGI) è il metodo di classificazione valido su quasi tutto il territorio europeo, usato per classificare i videogiochi attraverso cinque categorie di età e otto descrizioni di contenuto”.
Allego alcune informazioni.
Qual è il significato delle classificazioni?
“Le classificazioni PEGI sono riportate sul fronte e sul retro delle confezioni e indicano una delle seguenti età: 3, 7, 12, 16 e 18. Esse rappresentano un’indicazione affidabile sull’adeguatezza del contenuto del gioco in termini di protezione dei minori. La classificazione in base all’età non tiene conto del livello di difficoltà o delle abilità necessarie per utilizzare quel determinato gioco. I descrittori presenti sul retro della confezione indicano i motivi principali per cui un gioco è stato classificato in un determinato modo.
Vi sono otto descrittori: violenza, linguaggio scurrile, paura, droga, sesso, discriminazione, gioco d’azzardo e gioco on line con altre persone”.
Gli alunni mi segnalano anche l’esistenza di App, cioè applicazioni facilmente scaricabili sul cellulare, in cui la bestemmia è al centro dell’app stessa. Stiamo perlando di “Crematorio”, sottotitolata come lo sfogo dei giocatori on line in quanto ne rappresenta il malessere psico-sociale, oppure “Bestemmie Mosconi” dove addirittura si possono ascoltare parole per niente decorose, sempre nuove e classificate per tipologia!
Questi fatti sono davvero preoccupanti e ci devono far riflettere su cosa si può fare per evitare che si verifichino spiacevoli situazioni senza vie d’uscita.
Le indicazioni che ho voluto dare, non sono altro che un piccolo strumento che spero possa aiutare tutti coloro che ricoprono un ruolo educativo oggi.
di Giovanna Cavaleri