La nave mercantile Seagull, una vecchia “carretta del mare” adibita al trasporto di fosfati, viaggiante sotto “bandiera ombra” liberiana, scomparve nelle acque internazionali al largo di Licata, il 17 febbraio dell’anno 1974, portando con sé le 29 persone dell’equipaggio e la moglie del capitano.
La vicenda interessò subito la comunità Licatese ed in particolar modo la comunità parrocchiale di Sant’Agostino, la gente di mare, che tramite l’allora parroco, Don Michele Polizzi, si mobilitò affinchè la moglie del marconista, la signora Raina Junakovic, venisse collaborata nelle ricerche della nave.
Al conforto morale e all’aiuto della gente locale, si aggiunse la disperazione per i primi avvistamenti dei relitti della motonave ed il ritrovamento, vicino ad una zatterina, della salma di un naufrago che era sopravvissuto, tre o forse quattro giorni in attesa di aiuti, che non erano mai arrivati perché mai richiesti dagli armatori.
L’attenzione per la vicenda si spostò dalla Sicilia a Genova, fino ad assumere rilevanza internazionale, essendo coinvolti nella sciagura marinai di nazionalità estera e per la maggior parte originari dell’Africa; iniziò così la battaglia contro “l’industria del naufragio” per affermare i diritti e la dignità dei lavoratori in mare. Alla fine del processo, instaurato per accertare le responsabilità in merito all’accaduto, si giunse alla condanna degli armatori e si apprese con sgomento che per la Seagull erano stati assicurati lo scafo ed il carico ma non il personale, e che la stessa, navigava tranquillamente nonostante le numerose avarie riscontrate.
Ma la vicenda della Seagull non si concluse con la risoluzione giudiziara del naufragio; nacque un comitato nazionale che continua, ancora oggi, ad occuparsi di tutte le vicende legate ai naufragi, promuove l’emanazione di leggi nazionali ed internazionali in materia di sicurezza in mare e di diritti dei lavoratori marittimi.
La signora Junakovic, grande donna di fede, ha sin dal principio creduto nelle sue battaglie con una profonda coscienza morale e cristiana, ed una ampia conoscenza in materia di navigazione, tanto da affrontare a viso aperto, con piena preparazione giuridica e con concrete argomentazioni, parlamentari, professori di diritto internazionale, avvocati, sindacalisti e magistrati, dicendo loro “Io non ho fretta per i nostri morti annegati, loro ormai sono in pace: sono i vivi che hanno fretta, che hanno bisogno di giustizia da vivi!”.
Non ha mai lasciato solo nessuno, si è posta a fianco delle altre famiglie dei naufraghi della Seagull e dei cari delle vittime degli altri naufragi: il suo altruismo è segno di grande testimonianza.
Se oggi il mondo marittimo ha fatto grossi progressi in materia di navigazione e di sicurezza, il merito va alla triste vicenda della Seagull e all’insegnamento che se ne è tratto dal suo disastroso epilogo.
Ancora oggi, dopo 47 anni, ricordando la Seagull commemoriamo tutti coloro che nel mare hanno perso la vita per assicurare a sè stessi e ai loro cari un’esistenza dignitosa: tanti fiori sparsi sull’acqua, tante vite perite in fondo al mare. In quel mare che dà sostentamento se calmo e che separa dalla terra ed avvicina al cielo se agitato, così come simboleggiato nel monumento scoperto nel 1982 dalla stessa signora Junakovic e collocato nei pressi del nostro Santuario dell’Addolorata.
di Giacomo Vedda